Celare per rivelare

Parigi. L’Arco di Trionfo impacchettato

Il progetto postumo di Christo e Jeanne-Claude prende vita grazie alla Fondazione

Arc de Triomphe, Wrapped è il titolo dell’ultima opera realizzata da Christo e Jeanne-Claude e al tempo stesso è la prima opera realizzata dalla fondazione Christo da quando l’indivisibile coppia di artisti non è più tra noi. L’artista di origini bulgare ha vissuto a Parigi per diversi decenni e abitava proprio nei pressi del celebre monumento parigino, si dice che lo ammirasse ogni mattina aprendo le finestre. Appena arrivato nella capitale francese non ha avuto dubbi su cosa avrebbe impacchettato di lì a poco. Nel ‘62 vengono creati i primi progetti ma, come spesso accade quando si tratta di luoghi di interesse tanto nevralgici, è costretto a rimandare e nel frattempo impacchetta, a qualche chilometro di distanza, il Pont Neuf (‘85).

A un anno dalla scomparsa, nonostante i rimandi dovuti alla pandemia, lo stato francese è riuscito a realizzare il sogno del bulgaro e fino al 3 ottobre è possibile visitare l’Arco di Trionfo finalmente impacchettato. 25mila metri quadrati di tessuto in polipropilene riciclabile argento, talmente accecante da essere visibile come un faro anche dalla Torre Eiffel, e 3 chilometri di corda rossa che attraverso ganci metallici stabilizza il tessuto.

La sensazione che si prova percorrendo in taxi Avenue de Champs-Élysées è indescrivibile. Personalmente aspettavo questo evento da oltre un anno, da quando era stato annunciato, e lo stupore di vedere un monumento che conoscevo, e avevo già visto diverse volte nelle sue fattezze reali, impacchettato d’argento è stato travolgente.

Le opere più recenti, come The Floating Piers sul Lago di Iseo (2016) e Mastaba all’Hyde Park di Londra (2018), non approfondivano il tema dell’impacchettamento. Ora, questa cifra stilistica così riconoscibile torna e si afferma in tutto il suo potenziale evocativo. Celare per rivelare, questo è il senso profondo del gesto artistico. Passare di fronte a qualcosa così tante volte da smettere di far caso all’oggetto e darlo per scontato. Ma se ora, per sole due settimane, vi venisse nascosto quell’oggetto, lo notereste? Una volta rimossa la copertura temporanea lo guardereste con occhi nuovi?

Christo ci pone davanti agli oggetti come dei bambini davanti ai regali di Natale e ci chiede di attendere, per apprezzare maggiormente il momento in cui rivedremo l’Arco di Trionfo. Come al solito, il progetto è stato interamente finanziato dalla fondazione dell’artista, attraverso la vendita dei progetti preparatori dell’opera, che ha speso 16,9 milioni di dollari. Inutile dire che probabilmente chi ne ha tratto il maggior beneficio è stato lo stato francese che non solo non ha dovuto sborsare un euro, ma ha pure incrementato a dismisura l’afflusso di turisti durante le due settimane dell’evento.

Nessuno sa se questa operazione sarà la prima e anche l’ultima realizzata postuma o ci potremmo aspettare, magari, l’esecuzione di Over the River, progetto che ha seguito un percorso per certi versi molto simile a quello dell’Arco di Trionfo. Non ci rimane che augurare il meglio alla fondazione Christo.

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Cesare Orler firmly believes in the equivalence of art and life and would like to turn his life into a work of art, to paraphrase D'annunzio. He has a degree in Conservation of Cultural Heritage and Performing Arts Management, which he took in Venice, and is completing the master’s degree Programme in Contemporary Art History. He manages “Cesare's Corner", a TV broadcast on OrlerTV whose aim is to disseminate Contemporary Art. He closely follows emerging Italian artists and curates exhibitions and critical texts on them. He is a keen supporter of AW ArtMag. In addition to art, he also likes cinema and drinking beer, of which he is a refined connoisseur. Perhaps of all these things he can do well only the last one.

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