Guarda come vestivamo - Firenze: Riapre il Museo della moda e del costume

16 Settembre 2024

In esposizione una collezione di 60 capi e altrettanti accessori che va dal ‘700 agli anni 2000

Troviamo le creazioni di Mario Fortuny per Eleonora Duse e quelle di Emilio Schubert per le dive degli anni ’50

 

Oltre agli abiti vediamo dipinti provenienti dagli Uffizi di autori quali Boldini, Burri e Cagli

Come sostiene Roland Barthes “attraverso la moda la società si mette in mostra e comunica ciò che pensa del mondo”

Dopo oltre quattro anni di chiusura, il Museo della moda e del costume di Palazzo Pitti a Firenze riapre con un percorso rinnovato che va dal ‘700 ai primi anni 2000. Otto nuove sale completano l’esposizione della collezione permanente, ordinata secondo criteri storico-cronologici, che conta circa 60 capi e altrettanti accessori. Negli spazi recentemente inaugurati si alternano robes à la française, modelli stile impero e preziosi abiti da sposa ottocenteschi in raso di seta come quello di Charles Frederick Worth, considerato l’inventore dell’haute couture. Tra le mise da sera spicca la creazione di Catherine Donovan, celebre couturière newyorkese, accanto al  dipinto Signora in bianco di Giovanni Boldini. E ancora la veste da casa di Jacques Doucet, realizzata per Franca Florio, icona di stile e protagonista della belle époque italiana, presentata con la scultura di Enrico Minerbi, a suggellare un legame profondo tra due mondi da sempre affini. Seguono sofisticati capi di inizio ‘900, realizzati sull’onda della nuova liberazione del corpo femminile, reinterpretata dalle forme a tubolare di Mariano Fortuny per Eleonora Duse. Il lusso regale di Emilio Schubert, sarto delle dive negli anni ’50, le stravaganze geometriche di Gianni Versace nei primi anni ’80, fino all’allure della collezione di Gianfranco Ferré per Dior negli anni ’90. Un viaggio attraverso l’evoluzione del costume connesso intrinsecamente all’arte: abiti, scarpe, borse e cappelli vengono esaltati da una selezione di dipinti provenienti dalle Gallerie degli Uffizi. Da Carle Vanloo a Edoardo Gelli, fino ai grandi protagonisti dell’avanguardia italiana Corrado Cagli e Alberto Burri si legano, attraverso le loro opere, a creazioni che raccontano il mutamento dello stile nel tempo. La moda diventa espressione di un’evoluzione sociale attraverso una moltitudine di elementi transitori e fugaci, ma anche significativi e tangibili, rivelandosi tutt’altro che futile e secondaria: è il tema analizzato da Roland Barthes nel ‘67 nel suo libro “Sistema della moda”, in cui emerge l’importanza del multiforme universo semantico vestimentario. Un’approfondita riflessione sul valore del linguaggio e dei simboli che rendono un abito desiderabile: un semplice capo d’abbigliamento viene trasformato in un oggetto ambito attraverso forme verbali e iconiche di rappresentazione. L’abito reale, gravato da finalità pratiche – protezione, pudore, ornamento – si trasforma in abito rappresentato mediante immagine e testo, perdendo l’originaria finalità. Utilità e significato: si delinea, così, il primato del verbale sul visivo. Come ricorda, infatti, l’autore: “attraverso la moda la società si mette in mostra e comunica ciò che pensa del mondo”.

L'Autore

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Da Milano alla Versilia, dagli studi di giurisprudenza all’amore per l’arte e per la scrittura, è in una continua ricerca di sé che non si è ancora conclusa.
Si trasferisce a Pietrasanta dove ha l’opportunità di collaborare con l’amico pittore Domenico Monteforte alla realizzazione di interviste a personaggi noti del mondo artistico per l’editoriale Giorgio Mondadori; Dice che l’incontro con il direttore di AW ArtMag le permette di seguire e approfondire le sue vere passioni. Ama viaggiare e leggere, specialmente davanti a un tramonto sul mare.

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