Biennale sotto shock per la scomparsa a soli 57 anni di Koyo Kouoh.
E’ di poche ore fa la notizia dell’improvvisa e prematura scomparsa di Koyo Kouoh . Un lutto che ha lasciato sgomento il mondo dell’arte contemporanea e profondamente colpito la Biennale di Venezia, di cui era stata nominata curatrice della 61. Esposizione Internazionale d’Arte prevista per il 2026. La notizia, giunta come un fulmine a ciel sereno, ha interrotto bruscamente un percorso già ricco di promesse, visione e impegno critico.
Nominata nel dicembre 2024 dal Consiglio di Amministrazione della Biennale, Kouoh aveva avviato con grande energia e dedizione il lavoro curatoriale per la prossima edizione, che avrebbe dovuto inaugurare il 9 maggio 2026. La presentazione ufficiale del titolo e del tema era prevista per il 20 maggio a Venezia. Ma quel momento atteso dalla comunità artistica internazionale non ci sarà. Al suo posto, oggi, resta un vuoto difficile da colmare.
Fondatrice della RAW Material Company di Dakar, e direttrice dello Zeitz MOCAA di Città del Capo, Koyo Kouoh è stata una delle voci più autorevoli e innovative della curatela globale. Nata in Camerun 57 anni fa e cresciuta tra Sudafrica, Senegal ed Europa, la sua biografia personale rifletteva la pluralità di sguardi e culture che ha sempre cercato di portare all’interno delle istituzioni artistiche, sfidando i confini imposti dalla tradizione museale occidentale e dando voce a linguaggi e prospettive marginalizzate.
La sua nomina alla guida della Biennale Arte – la prima volta per una donna africana – era stata accolta come un segnale potente e necessario di trasformazione. Un proseguimento ideale del cammino tracciato da Lesley Lokko alla Biennale di Architettura del 2023 e da Adriano Pedrosa all’Arte 2024, entrambi fautori di una rinnovata centralità del Sud globale nel dibattito artistico internazionale. “La Biennale deve essere una finestra sul futuro,” affermava Kouoh. “Un luogo in cui si possa non solo osservare, ma costruire nuovi mondi”.
Kouoh aveva alle spalle una carriera prestigiosa e coraggiosa: membro del team curatoriale di documenta 12 e 13, ideatrice di mostre seminali come Body Talk – incentrata su femminismo, sessualità e corpo nelle opere di artiste africane – e vincitrice di riconoscimenti internazionali come il Grand Prix Meret Oppenheim nel 2020. Il suo pensiero curatoriale si fondava su una visione dell’arte come spazio di incontro, riflessione e trasformazione sociale: “L’arte è un veicolo per creare un mondo migliore,” diceva.
La Biennale di Venezia, attraverso un comunicato ufficiale, ha espresso “profondo dolore e sgomento” per la scomparsa di una figura che, con “passione, rigore e visione”, aveva già impresso un segno alla futura edizione. “La sua scomparsa lascia un vuoto immenso nella comunità internazionale di artisti, curatori e studiosi che hanno avuto modo di conoscere e apprezzare il suo straordinario impegno intellettuale e umano”.
Oggi, il mondo dell’arte perde non solo una curatrice brillante, ma una voce etica, una costruttrice di ponti tra culture, discipline e immaginari. La sua eredità, però, continuerà a parlare in tutte quelle istituzioni, artisti e visioni che ha saputo ispirare.
Valentina Pierotti