Rigore e fantasia - New York: L’omaggio del Guggenheim a Beatriz Milhazes

30 Maggio 2025

Lavora per accumulo di citazioni, colori, forme e ricordi

Pentimenti, stratificazioni, geometria, controllo: se, come le vocali per Rimbaud, le parole fossero colori, il vocabolario di Beatriz Milhazes avrebbe la policromia dei suoi quadri. Su tutte, una tonalità non appariscente ma tutt’altro che neutra – una parola – regolerebbe i contrasti fra le tinte, la stessa che dà il titolo alla sua personale al Guggenheim di New York (fino al 14 settembre): rigore.

Nelle sue opere, troviamo riferimenti al modernismo brasiliano e al folklore, ai colori, alle forme di Rio

Rigorosi sono infatti i riferimenti, quasi citazioni, a Matisse e alla stagione d’oro del modernismo brasiliano, o  al folklore di Rio, ai colori di Rio, alle forme di Rio; rigorosa è, ancora, la reinvenzione di una tecnica tipica delle avanguardie, il collage, come monotransfer: forme geometriche semplici disegnate sulla plastica che poi vengono ricomposte sulla tela, dando vita ad architetture complesse e fantasiose dotate di proporzioni tanto esatte da non risultare mai stucchevoli; rigore a ben vedere c’è anche in quelli che l’artista chiama, in italiano, pentimenti: la possibilità offerta dal monotransfer di correggere qualcosa incollando sopra qualcos’altro: come i palinsesti medievali raccontati da Thomas De Quincey per descrivere la mente – pergamene che venivano raschiate per essere riutilizzate, ma da cui riaffiorava a volte il testo di cui ci si era voluti sbarazzare – le opere di Milhazes compongono strati che conservano ricordi, imperfezioni, come i sedimenti delle ere geologiche precedenti costituiscono il suolo su cui viviamo.

I monotransfer sono geometrie disegnate su plastica e ricomposte su tela che danno vita ad architetture fantasiose

Si lavora, insomma, per accumulo: di citazioni, colori, forme, ricordi. Il processo è una storia che viene raccontata e si racconta, mostrando i meccanismi narrativi che la compongono; come in Macunaìma di Marìo de Andrade – forse uno dei lasciti letterari più importanti della Semana da Arte del 1922 di San Paolo, l’evento artistico che apre la stagione modernista in Brasile – tecnica ed esuberanza, un’esuberanza che si esprime per accumulo e una tecnica che ferma l’accumulo un passo prima dell’eccesso, formano un improbabile connubio che è il frutto di calcoli esatti come quelli di uno scienziato e di sensibilità cromatiche che ricordano il carnevale. Per quanto scontato, persino abusato nei confronti degli artisti brasiliani, nel caso di Milhazes il riferimento al carnevale pare obbligatorio: se i romanzi di Dostoesvkij sono stati definiti polifonici per la ricchezza di voci che li compongono, i quadri di Milhazes sono policromatici, composti di variazioni andanti dal serio al comico, in una continua reinvenzione di gerarchie fittizie che durano dall’alba al tramonto, e si reinventano il giorno seguente, in una festa continua. A cura di Geaninne Gutiérrez-Guimarães.

In lei, l’esuberanza si esprime per accumulo e la tecnica ferma l’accumulo prima che diventi eccesso

Beatriz Milhazes
Rigor and Beauty
New York
Guggenmheim

A cura di
Geaninne Gutiérrez-Guimarães
Fino al 14/09

L'Autore

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Traduttore per diverse case editrici italiane, collabora con AW ArtMag per la recensione dei più interessanti libri d’arte pubblicati all’estero e ancora inediti in Italia.

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