Iperbole di un visionario

Lucio Amelio: Il poliedrico personaggio che seppe cambiare Napoli

Nella sua galleria sono passati artisti del calibro di Twombly, Pistoletto, Pascali, Manzoni e Warhol

La mostra dei nove artisti, tra cui il leccese Franco Gelli, messi insieme dalla vivacità fiorentina di Fiamma Vigo sotto la denominazione “Set di Numero” e inaugurata l’11 marzo 1967, fu l’occasione per il mio primo incontro con Lucio Amelio e la sua Modern Art Agency, aperta appena due anni prima con “Reisegeschichten” la personale del berlinese Heiner Dilly, e ubicata in un appartamento del Parco Margherita a Napoli. Quello stesso Parco che tre anni dopo, una volta nel capoluogo campano per rimanervi sei mesi (ci sono rimasto quasi cinque anni), avrei guardato dall’alto, affacciato al balcone del terzo piano del 188 di via Michelangelo da Caravaggio, e che da lì a poco avrebbe visto l’apertura della galleria di Lia Rumma.

Ma, nel frattempo, Amelio e la sua Modern Art Agency non abitavano più là. Si erano trasferiti a Palazzo Partanna, ovvero al 58 di Piazza dei Martiri, continuando in quel programma che, partito dal rapporto tra astrazione e figurazione, si era aperto alla più ampia contemporaneità, alla crescente creatività meridionale, al dibattito critico (il dialogo con la Galleria Inesistente), alla ricerca performativa e teatrale, e alla fotografia. Il nuovo inizio avviene il 21 dicembre 1969 con Il Viaggio di Kounellis, tra pietre nere a metà, fuoco e carbone, cui seguono, tra arte povera, pop, concettuale e transavanguardia, Marotta, Twombly, Pistoletto, Boezem, Pascali, Alfano, Manzoni, Warhol e altri.

Nel 1971 ospita la prima personale in Italia di Beuys, avviando un sodalizio che durerà 15 anni

Fino a quel 13 novembre 1971, ovvero all’incontro con Joseph Beuys e La Rivoluzione siamo noi, la sua prima personale in Italia, un’antologica con opere dal 1946 al 1971, disegni, films, videotapes e discussioni sulla trasformazione della società per il tramite dell’arte. Ma anche l’inizio del lungo sodalizio tra Amelio (che figura complessa la sua, gallerista, mecenate, attore in alcuni film di Lina Wertmuller e cantante perfino) e l’artista tedesco andato avanti per quindici anni. Buren, Richter, Acconci, Christo, Sol Lewitt, Rauschenberg, Lüthi sono alcuni degli artisti che si alternano in galleria fino al 19 ottobre 1975, in cui con “Da mezzogiorno al tramonto 10 mostre a Villa Volpicelli, Posillipo”, la galleria festeggia i suoi primi dieci anni e muta il nome in “Lucio Amelio”.

La sua intesa con i soprintendenti Causa e Spinosa, e la complicità della Tecce, fanno sì che, dal 1976 al 1978 l’arte contemporanea approdi nei musei napoletani, dapprima a Villa Pignatelli Cortes con Merz, Pistoletto, Kounellis, Calzolari, Paolini, Beuys con “Tracce di Joseph Beuys in Italia”, Alfano, e infine, ma a Capodimonte, con Burri e il suo Grande Cretto Nero. Mentre in galleria si susseguono Gilbert & George, le napoletane del Gruppo XX (con Balatresi e Panaro), il Viaggio notturno di Paladino, Bagnoli, Cragg ed altri ancora. L’1 aprile 1980 è il giorno di “Joseph Beuys by Andy Warhol”, con Lucio quale punto di contatto e di snodo tra la cultura europea e quella americana, e, la grande festa al City Hall Café Napoli con Mastelloni a far cabaret.

Dopo il terremoto in Irpinia del 1980, organizza la grande mostra "Terrae Motus" convinto che l'arte porterà alla rinascita

Ma il 1980 è anche l’anno del terremoto in Irpinia, una catastrofe immane che spinge Amelio, convinto che solo la forza dell’arte potrà portare alla rinascita, a sollecitare gli artisti a rispondere con un loro segno alla tragedia. Nasce così “Terrae Motus”, un’idea/mostra/collezione con il Fate presto di Warhol e il Terremoto in palazzo di Beuys, e accanto a loro, in progress, le opere di settanta artisti tra cui Boltanski, Longobardi, Mapplethorpe, Haring, Long, Vedova, Tafee, Kiefer. Il 20 novembre 1982 la nascita della Fondazione Amelio (Lucio e le sorelle Anna, Lina e Giuliana) conferma l’impegno pubblico da sempre esercitato dal gallerista napoletano che, dopo una lunga malattia, muore il 2 luglio 1984. Quattro giorni dopo, le opere di “Terrae Motus” sono in mostra a Villa Campolieto a Ercolano, per poi essere al Grand Palais di Parigi nel 1987 e dal novembre 1992 in permanenza nella Reggia di Caserta, immaginando il museo vagheggiato da Amelio.

L'Autore

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Dai primissimi anni ’60 lo trovi a raccontare l’arte (molto spesso anche i suoi - dell'arte - tanti rapporti con l’esercitata scienza) e a colloquiare con gli artisti. Lecce, Bologna e Urbino i luoghi della formazione. Roma, Torino e Napoli quelli del fare. Libero e creativo, ha perso il conto dei buchi su una tela, ha rotto un bicchiere napoleon liberando la mosca prigioniera, ha vissuto il ’68 e dialogato sul concetto, ha pieno di parole un Calendario senza fine, ha dato alle fiamme cavalli di cartapesta su una pira, e… Trentacinque anni fa rammentando Minotaure ha inventato “ARTE&CRONACA”.

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