I problemi legali di Banksy: artista anonimo? Niente diritti

18 Novembre 2020

Il writer più famoso al mondo costretto a rivelare la sua identità per rivendicare il copyright delle sue opere

Il Chiostro del Bramante di Roma ospita, fino all’11 aprile, “Banksy - A visual Protest:” l’ultima mostra, ovviamente non autorizzata, del più famoso street artist al mondo – oltre che l’artista contemporaneo con il profilo social più seguito di sempre. L’architettura bramantesca dei primi del ‘500 dialoga per contrasto con le oltre cento opere del writer inglese che, nel 2019, a buon diritto, è stato inserito da ArtReview al quattordicesimo posto nella classifica delle cento personalità più influenti nel mondo dell’arte. L’esposizione offre l’occasione di affrontare argomenti piuttosto spinosi che, recentemente, sono stati discussi da avvocati, giudici e ministeri che si occupano di cause legate ai diritti SIAE. A metà settembre, l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale (EUIPO), con sede in Spagna, ha definitivamente sottratto a Banksy il marchio di Flower Launcher, il celebre lanciatore di molotov che al posto della bottiglia incendiaria sta per lanciare un mazzo di fiori – opera comparsa su un muro di Gerusalemme nel 2005.

L'occasione della mostra romana al Chiostro del Bramante per riflettere sull'opera di Banksy

Tutto ha inizio nel 2014, anno in cui lo street artist deposita il marchio del suo graffito all’Unione Europea. Nel 2018, la Full Color Black, azienda produttrice di biglietti di auguri, utilizza l’immagine banksiana per una cartolina e in men che non si dica viene denunciata dall’uomo senza volto per violazione di copyright. Tuttavia, per usufruire di questo diritto è necessario rivendicare le proprie produzioni artistiche e per farlo non è sufficiente un post su Instagram – fino a oggi, unico strumento di autenticazione utilizzato dall’artista: archivio condiviso, memoria collettiva e opera work in progress al tempo stesso. Il riconoscimento della paternità dell’opera richiederebbe che Banksy uscisse dall’anonimato per effettuare la rivendicazione, ma questa scelta comporterebbe un danno ben più grave di quello che gli causerebbe un utilizzo improprio e incontrollato dell’immagine delle sue opere.

Il writer ha tentato invano di aggirare le normative vigenti registrando alla società Pest Control Office, che cura le sue relazioni, il marchio dell’opera. L’esito è stato rovinoso. Non è la prima volta che Banksy è messo alle strette da quello stesso art system che tenta di smascherare. Già l’anno scorso, in occasione di Freeze, aveva inaugurato il negozio Gross Domestic Product che aveva come unico e vero scopo quello di dimostrare che il marchio Banksy veniva utilizzato per fini commerciali e quindi che non poteva essere rilevato da terzi. Sicuramente, quindi, questo non è stato il primo screzio legale e non sarà nemmeno l’ultimo; tuttavia, è importante che chiunque intraprenda la svolta street conosca i rischi e i pericoli che dovrà affrontare. 

 

L'Autore

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Cesare Orler crede profondamente nell’equivalenza arte=vita e vorrebbe “fare della propria vita come di un’opera d’arte” per dirla alla D’Annunzio. Si è laureato in Conservazione e Gestione dei Beni e delle Attività Culturali a Venezia e sta completando la specializzazione in Storia dell’Arte Contemporanea. Gestisce lo spazio televisivo “Cesare’s Corner” dedicato alla divulgazione dell’arte contemporanea su OrlerTV, segue da vicino artisti italiani emergenti di cui cura mostre e testi critici ed è accanito sostenitore di AW ArtMag. Oltre all’arte gli piace anche il cinema e bere birra, di cui è raffinato intenditore, ma forse di tutto questo sa fare bene solo l’ultima.

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