Il crocevia dei mondi - Roma: Bai Ming alla Galleria d’arte moderna e contemporanea

Appena rientrata da un viaggio in Cina nella provincia dello Zhejiang, dove ho scoperto, oltre a tesori d’arte, quelli di un paesaggio composto di acque e alberi, vette fantastiche e mari di nuvole, che trasformano la realtà in sogno, non volendo staccarmi da quelle profonde emozioni, ho voluto continuare il mio percorso visitando a Roma, alla Galleria d’arte moderna e contemporanea, la prima personale italiana di Bai Ming, uno dei massimi artisti cinesi contemporanei. Avvicinarsi a questa figura fondamentale, i cui lavori si trovano in numerose collezioni private e pubbliche, fra cui il British Museum di Londra e il Musée Cernuschi di Parigi, significa entrare in uno spazio ideale fra tradizione e modernità, e dunque avvicinarsi con criteri attuali a una cultura millenaria, fatta rivivere da Bai Ming. Non a caso curatore della mostra, a cui ha dato un importante contributo la Kwai Fung Foundation Limited, è Jean-Lous Andrai, direttore del Museo Picasso di Antibes, a testimoniare come alla base dell’opera dell’artista ci sia un forte legame tra creatività antica e contemporanea. Fra l’altro, quando in gioventù egli scoprì e si appassionò all’arte occidentale, Picasso fu l’esempio che gli avrebbe indicato come coniugare le pratiche della ceramica e della pittura.

La biografia di uno fra i massimi rappresentanti nell’arte della porcellana (ma non solo, in quanto nell’appassionante esposizione romana sono presenti anche dipinti e installazioni) è strettamente legata a una delle invenzioni dell’antica Cina. Egli è, infatti, nato a Yugan, un villaggio della provincia di Jiangxie, a qualche centinaio di chilometri a ovest di Jingdezhen, la capitale cinese della ceramica, e vicino alla collina di Gao-ling, situata a nord di questa, da cui è derivato il nome del caolino, l’argilla necessaria per tale produzione.  Non a caso Bai Ming sottolinea: “Ripensando al motivo per cui le persone considerano le mie opere belle, è probabilmente legato all’ambiente in cui sono cresciuto e alle cose che ho visto”.  Nei suoi atelier egli crea da trent’anni ceramiche in cui sono declinate forme classiche della tradizione cinese, quali i vasi rouleau, vasi porta pennelli, tazze, piatti. Ma, in particolare per quanto riguarda i primi, fra gli emblemi di quell’arte, con la loro forma essenziale e sofisticata, l’artista cambia scala, dimostrando così di allontanarsi dalla funzione utilitaria dell’oggetto e conferendogliene uno puramente decorativo se non, in alcuni casi, monumentale.  A sottolinearlo è poi la decorazione in rosso (come nei vasi Rosso avvolgente e La terra di Buddha in tre foglie colorate, Il loto rosso) o blu sottosmalto (Il suono del tempo), reinventata liberamente con smalti e ossidi in riccioli e volute. L’artista-filosofo, riguardo al decoro bianco-blu, presente in Cina fin dal 1330, e probabilmente introdottovi da artigiani persiani, non a caso ha scritto: “Quando si contempla una porcellana blu e bianca di alta qualità, l’anima può perdersi nel pensiero”.  Con tale affermazione Bai Ming sembra ancora una volta sottolineare come, secondo lui, la modernità sia strettamente legata alla tradizione e che, anche se molti vedono i suoi lavori come contemporanei, in realtà “questi sono tradizionali”.

Fra le oltre ottanta opere presenti alla mostra, allestita in maniera essenziale, impeccabile e coinvolgente, che intende mettere in luce le varie sfaccettature di una produzione unica nel suo genere, si trovano anche dipinti, sorta di installazioni che dialogano con le decorazioni semi astratte delle porcellane e in cui sono comunque evocati i paesaggi incantati della tradizione cinese, rocce montagne, piante, fiumi e nuvole. In queste sue opere, caratterizzate da linee ondulate e da composizioni materiche, Bai Ming utilizza altre tecniche tradizionali del suo paese: se all’inizio era soprattutto l’inchiostro, più di recente a questo si è unita la lacca, in un riuscito contrasto tra l’opacità dell’uno e la brillantezza dell’altra. In tale approccio l’artista riconosce di avere avuto quali punti di riferimento, nel rifiuto della bidimensionalità della tela, che egli fora o sui cui attacca materiali quali sabbia e foglie di tè, grandi maestri come Tàpies e Fontana, e di essere, dunque, “At the crossroads of Worlds”, come puntualmente recita il titolo della mostra. Da non perdere.  

Bai Ming
At the Crossroads of Worlds
Roma/Rome
Galleria d’arte moderna e contemporanea
Fino/until 30/06

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