Zaia: la Serenissima nel DNA

Venezia: 1600 anni ab urbe condita. Lunga conversazione con il Governatore del Veneto tra storia e futuro

La memoria del buon governo e l’operosità degli abitanti come punto di forza per superare tutte le difficoltà


Venezia: 1600 anni ab urbe condita. Come ricordare per riprogettare, Presidente Zaia?

La costruzione della prima chiesa a Rialto, milleseicento anni fa, viene tradizionalmente riconosciuta come il fatto che costituì il primo nucleo di Venezia. È l’avvio di una realtà storica universale, testimoniata dall’eccezionale patrimonio culturale, architettonico e artistico che conserviamo, ma anche per altro: la memoria di buon governo del primo ordinamento repubblicano moderno, una espansione commerciale mondiale che ha assicurato l’essenza cosmopolita alla società veneziana, un sentimento di appartenenza comune dal Garda a tutto l’Adriatico. Con la nascita di Venezia si delineava la nostra identità, quella della gente che vive e lavora nella nostra regione. L’ho detto proprio nel giorno dell’anniversario: commemorare un passato glorioso senza attribuirgli alcuna prospettiva per il futuro, significa scegliere di relegare la nostra identità in una riserva indiana, estranea alla vita che ogni giorno i cittadini conducono. I veneti, invece, hanno chiara la consapevolezza che nel loro dna sono sempre stati mantenuti saldi alcuni principi che ci giungono dalla Serenissima: la capacità nell’amministrare la cosa pubblica, la legalità, l’organizzazione sociale, il riconoscimento del lavoro, la certezza del Diritto. Per questo nel 2017, con un referendum plebiscitario, hanno invocato la via dell’autonomia. Una scelta che non è stata contro nessuno, ma con la quale si è rivendicata la totale assunzione di responsabilità nel rispetto del contesto nazionale. Questa è la prova di come una storia secolare sia ancora viva e possa essere propulsiva a beneficio di tutti.

Una gestione della res publica attraverso un sistema oligarchico - Doge, Maggior consiglio, Minor consiglio - si rivelerà per Venezia una politica intelligente, lungimirante e, in un certo senso, anticipatrice delle future democrazie.

L’efficienza dello stato veneziano ha attraversato i secoli ed è rimasta un modello anche quando la Serenissima è scomparsa come entità statale; è perfino ricordata da un modo di dire, usato ancora oggi: “Quando el leon de San Marco alsa a coa, tuti i altri sbassa a soa!”. Non fu vuoto centralismo ma un vero modello di come conciliare lo stato centrale con le comunità locali e di porsi in relazione con le realtà straniere. Ritengo non sia un caso che la Serenissima sia stata il primo paese a intrattenere rapporti con gli Stati Uniti. La nazione che sarebbe diventata la più grande unione di stati in un unico paese ha ritenuto Venezia un tale modello di democrazia da inviare a studiarlo, nel 1786, una commissione di cui erano membri due padri della Costituzione americana come Thomas Jefferson e Benjamin Franklin. Penso che la grande democrazia di oltre Atlantico, fatte le dovute proporzioni, abbia attinto molto dal modello veneziano nei suoi caratteri più positivi: a cominciare dal fatto che, in una realtà cosmopolita come Venezia, se si rispettavano le leggi e il vivere civile, nessuno si sentiva straniero.

 

"Commemorare un passato glorioso in assenza di prospettive future sarebbe come relegare la nostra identità in una riserva indiana"

 

Intraprendenza, abilità commerciale, spiccata sensibilità per la bellezza sono i tratti caratteriali salienti di chi ha reso grande la Serenissima Repubblica di San Marco. Wolfgang Goethe, nel “Viaggio in Italia”, definiva Venezia Biberrepublik (repubblica di castori). Quanto di quegli operosi e instancabili castorini è rimasto nel dna dei veneziani di oggi?

Forse Goethe si riferiva anche all’immagine del castoro al lavoro che può suggerire una città sorta sull’acqua, dove sarebbe quasi impensabile edificare. Questo aiuta ancora di più a capire la vocazione dei veneti per il lavoro. Venezia è costruita con i tronchi delle nostre terre alte piantati nella laguna e con le pietre dell’antico insediamento romano di Altino. Nei secoli, ha esteso alla terraferma un modello di edificio riconosciuto nel mondo come sintesi tra bellezza, collocazione paesaggistica e funzionalità. Le ville venete, palazzi magnifici dal punto di vista architettonico e artistico sono, prima di tutto, sedi di imprese agricole e, quindi, di lavoro e di affari. Figlio di questa tradizione è il Veneto di oggi, locomotiva dell’intero Paese, con 600.000 imprese attive e 150 miliardi di Pil. Certo, la pandemia ha fatto segnare il passo ma la disperazione non è cosa nostra, come sempre ci siamo già buttati pancia a terra a lavorare per ripartire.

 

"Dalla storia di Venezia ci arriva l'esempio non di invincibilità assoluta, ma di eccezionale resilienza"

 

I veneziani hanno dominato pressoché pacificamente e per secoli il Mediterraneo, sconfitto l’impero ottomano nella battaglia di Lepanto nel 1571, superato le terribili pestilenze del 1378 e del 1575. Presidente, che cosa potrà mai fare loro un Covid-19?

Purtroppo il Covid ha lasciato segni pesanti anche da noi. Lo ripeto sempre: la conta quotidiana dei morti era un’esperienza che mai avrei pensato di dover affrontare come amministratore ed è stata straziante. Ma, come nei frangenti storici che ha citato, ne usciremo certamente e bene; i segni della ripresa si leggono già. Del resto, sono convinto, che dalla storia di Venezia ci venga un grande esempio non di invincibilità assoluta, ma di eccezionale resilienza: di capacità di adattarsi e superare le situazioni più difficili, rimanendo fedeli a se stessi, alle proprie origini e alle tradizioni.

Ancora oggi, ogni anno nella terza domenica di luglio si celebra in laguna la liberazione dalla peste cinquecentesca con la Festa del Redentore. All’epoca, fu incaricato Andrea Palladio di erigere l’omonima basilica in segno di ringraziamento. Non sarebbe bello immaginare qualcosa di simile a coronavirus debellato?

Le feste del Redentore, della Salute e di San Marco sono le più identitarie per Venezia ma anche per tutto il Veneto. Sono tanti, infatti, quelli che in queste giornate raggiungono le due belle chiese veneziane da tutta la regione. Sono due feste che nascono da un voto e preferisco lasciare il Patriarca a valutare se sarà opportuno immaginare qualcosa di simile quando sarà sconfitto definitivamente il coronavirus. Intanto, ritengo che, come ha voluto lo stesso Monsignor Moraglia, a queste due importanti commemorazioni venga associata anche la battaglia che stiamo combattendo in questa pandemia.

La rinascita di Venezia non può che coincidere con un qualificato turismo culturale. Le inaugurazioni della Biennale architettura e delle tante mostre di livello internazionale hanno portato in città nel giro di un fine settimana (se non ricordo male) 18000 visitatori e nessun focolaio pandemico: un doppio, e quasi inatteso, miracolo.

Più che di miracolo, parlerei di riuscita, nel necessario rispetto delle misure di contenimento dell’epidemia, di utilizzo dei dispositivi, con grande senso di responsabilità. Un tasto su cui abbiamo battuto tanto in questi mesi. Venezia, comunque, è uno dei massimi centri di cultura per sua natura e città internazionale per definizione. Per estensione, lo è l’intera regione che nella Serenissima ha il suo irrinunciabile riferimento storico e identitario. Un turismo culturale qualificato trova, quindi, nel capoluogo e nel Veneto la meta ideale. Non dimentichiamo che si contavano nell’intero territorio 70 milioni di presenze annue prima della pandemia: un record nazionale. Il Veneto ha tutte le condizioni di sicurezza, a cominciare dalla vaccinazione già avvenuta di oltre 4 milioni di cittadini, per continuare a essere una destinazione da preferire.

 

"Il Veneto, con 600.000 imprese attive e 150 miliardi di Pil, è la locomotiva del Paese"

 

Il suo augurio e il suo proposito, Presidente, per la regina dell’Adriatico.

Milleseicento anni dalla fondazione sono l’occasione per guardare alla nostra vita di popolo, trovando nelle vicende passate la certezza che usciremo anche da questa pandemia. Nessuna situazione ha reso più evidente il clima di crisi di una Venezia senza turisti; il loro ritorno, infatti, è stato anche il messaggio più tangibile della ripresa. Questo ci dice che la città, nella sua bellezza, con la sua storia e la sua magia è immortale. È un patrimonio universale, non soltanto perché lo ha certificato l’Unesco come per gli altri sette siti del Veneto. Auguro a Venezia di mantenere questo suo ruolo universale ancora per tanti secoli. Da parte nostra, c’è tutto l’impegno.

L'Autore

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Nella sua geografia dell’anima ha Venezia, la città natale, nel cuore e la Versilia eletta a buen retiro. Quando nell’adolescenza le chiedevano che cosa avrebbe desiderato fare da grande, rispondeva sicura: viaggiare e scrivere. Così, per raggiungere lo scopo, si è messa a studiare lingue prima, lettere poi.  E sono oltre 30 anni che pubblica romanzi, saggi, scrive articoli, gira per il mondo. Ci sono tre cose - dice - di cui non può fare a meno: il mare, la scrittura, il caffè. Ah: è il direttore responsabile di AW ArtMag.

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