In rassegna opere realizzate fra il 2019 e il 2024
Moti quasi liquidi increspano, curvano, flettono, inarcano il marmo di Carrara, candido. Un soffio, un sussulto, un brivido, un rollio, e dalla materia emergono momenti di essere, in sculture che animano lo spazio espositivo di Galata Museo del Mare, a Genova, nella mostra “Sulle onde in cerca della libertà” a cura di Luciano Caprile.
Il mare è teatro di viaggi della speranza di gente che in patria speranza non ha
L’autrice, Louise Durocher, architetto e scultrice canadese, lavora a Pietrasanta. La sua formazione da architetto la porta da Montreal a Parigi, dove la progettazione con gruppi di lavoro multiculturali l’ha spinta ad allargare gli orizzonti del proprio pensiero. Figlia d’arte, la madre è pittrice, disegna da quando riesce a tenere in mano una matita, a undici anni scolpisce, a quattordici scrive poesie. Molte le sue esposizioni: Seattle, New York, Montreal, Armenia, Pietrasanta. Suoi lavori si trovano in collezioni in Canada, in Francia, in Giappone e negli Stati Uniti. Poche righe possono solo tracciare una sagoma dell’artista e del suo percorso, le sue parole aprono spiragli sulla sua personalità: “Sono un essere fisico, vivo in un mondo tridimensionale dentro e fuori del mio corpo. Mi aggiro nella mia testa immaginando spazi, oggetti e l’emozione che provocano. Vedo la luce che li contorna, percepisco la brezza che li attraversa, respiro il profumo che diffondono e li immagino in case, tra giardini, amati dalla gente”. Dopo aver scolpito molti anni pietre morbide, come l’alabastro e la pietra ollare, ha scoperto nel 1995 il marmo di Carrara a Pietrasanta, dove vive parte dell’anno, quando non è a Seattle. Il suo studio è “epicentro creativo per lavori che siano fisici, tattili, emozionali”. Appronta sculture monumentali, la cui scala è funzionale al potere di comunicazione emotiva dell’opera. “L’arte è il passo ininterrotto della mia vita”.
Molte onde bianche e vague noire, un’onda che si forma nel granito nero nel Zimbabwe: leggerezza e potenza si fondono
Soggetto della mostra genovese è il mare, il mare “che ispira e che ipnotizza” e si riverbera in un flusso di opere che vanno dal 2019 al 2024. Molte onde bianche e Vague noire, un’onda che si forma nel granito nero dello Zimbabwe. Leggerezza e potenza si fondono. Il fluire degli acquatici umori di marmo, in continua metamorfosi, è il vulnerabile navigare di corpo e anima nella vita. Il mare diviene teatro di viaggi della speranza di gente che in patria speranza non ha. È strada verso la libertà di popoli migranti che fuggono catastrofi, tragedie e abusi inimmaginabili. È strada che può farsi cimitero. È anelito ed è dramma. “Corpo d’acqua”, scrive Durocher, il mare è la grande madre che avvolge, abbraccia. “Non importa quanto minaccioso e incerto sia il viaggio” che ci si trova ad affrontare, il mare accende l’ultima candela, la Speranza. Nei frammenti di marmo sono impresse mutazioni e ferite, e i misteriosi, implacabili segni dell’impermanenza, unico destino certo dell’essere e dell’esistere.
Il fluire degli acquatici umori di marmo diventa il vulnerabile navigare nella vita di corpo e anima