Io e te

New York • Barbara Kruger al MoMA

La ricerca dell'artista è incentrata sull'identità femminile, sul suo utilizzo nei media e sull'uso di stereotipi

Spazio liminale per definizione, quello tra vita e arte, fatto di incontri e contrasti mai del tutto definiti, che generano altri spazi altrettanto liminali, separati dai labili confini tra le diverse arti. All’ingresso di una di queste soglie, da sempre sta scritto ut pictura poësis: come nella pittura così nella poesia. Che si tratti di parole o immagini, l’artista ha l’ambizione di creare un effetto illusionistico tale da far cogliere la cosa rappresentata con uno schiocco di dita.

NELLA SUA ULTIMA OPERA SITE-SPECIFIC PER IL MOMA LE PAROLE SEMBRANO PREVALERE
SULLE IMMAGINI MA QUESTE VENGONO EVOCATE DA ESPRESSIONI CHE RIAFFERMANO LA NECESSITÀ DELL'ALTRO

In realtà si tratta, appunto, di illusione. I confini rimangono saldi, favorendo gli scontri più degli incontri, almeno per gli artisti che hanno capito che l’arte è fatta di contrasti. Di questa tradizione artistica, Barbara Kruger è senz’altro una degli esponenti contemporanei più importanti. Un’opera iconica come Untitled (your body is a battleground), del 1989, con il primo piano del volto di una donna diviso in due e le scritte, bianche su sfondo rosso sangue, simile a una pubblicità
o alla copertina di un tabloid, ben si presta a riassumere lo stimolante percorso di ricerca dell’artista: l’identità femminile, il suo utilizzo da parte dei media, l’uso di stereotipi, tutto, nelle opere dell’artista, diventa problematico e complesso – un campo di battaglia, per riprendere il titolo dell’opera – grazie a giochi di contrasti che vengono attuati con l’utilizzo di immagini basilari, immediatamente riconoscibili, e scritte che sembrano slogan, ma che al contrario degli slogan non semplificano, bensì complicano.
Nella sua ultima opera site-specific per il MoMA, THINKING OF YOU. I MEAN ME. I MEAN YOU, in apparenza le parole sembrano prevalere sulle immagini fino a cancellarle.

RIESCE NELL'IMPRESA DI CREARE ANCORA UNA
VOLTA UNO SPAZIO IBRIDO ABOLENDO OGNI METAFORA

Ma per quanto assenti, le immagini vengono evocate da espressioni, ingiunzioni, richieste che sembrano suppliche e riaffermano in ogni punto la necessità dell’altro. Per chi, come Barbara Kruger, è stato un pioniere delle ricerche sulle identità e il genere nella cultura visuale, si tratta di un’apertura che da un lato segna la drammaticità del tempo presente, segnato da conflitti e stupide megalomanie di cui il sistema dell’arte è tutt’altro che estraneo, dall’altro afferma la necessità di ritrovare una dimensione comunitaria o in ogni caso extra- individuale. L’artista riesce nell’impresa di creare ancora una volta uno spazio ibrido, questa volta letteralmente, abolendo ogni metafora e ricordando con la parola che viene ripetuta più spesso e che spicca fra tutte, quale sia la vera necessità dell’arte, di ognuno di noi. L’altro, ma non un Altro qualsiasi, astratto: you. Tu. Nient’altro che tu.

 

Barbara Kruger

THINKING OF YOU. I MEAN ME. I MEAN YOU

New York

MoMA

A cura di Peter Eleey

Lanka Tattersall

Fino al 2/01/23

L'Autore

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Dopo aver deciso a sette anni di diventare scrittore, nei successivi trenta partecipa a diverse attività editoriali - come saggista, traduttore, critico - immancabilmente evitando l'obiettivo prefissato in tenera età. Nell'attesa, coltiva la sua grafomania e collabora con l'università IULM di Milano nei corsi di Filosofia dell'arte e di Estetica. Quando non è sul divano con un libro in mano, è in viaggio. In realtà, anche quando è su un divano con un libro in mano è in viaggio. E quando visita una mostra o guarda un film. Mai presente a se stesso, insomma, viaggia.

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