Cecilia e le altre

Alemani dichiara di aver scelto le creature fantastiche de "Il latte dei sogni" di Carrington per un viaggio attraverso le metamorfosi dei corpi e una nuova definizione di umano

“May you Live in interesting times” recitava il titolo della Biennale 2019, detto fatto, una congiuntura pandemica, un evento bellico, un clima all’insegna della cancel culture e del social distancing e una tecnologia sempre più invasiva accompagnano la nuova edizione lagunare. La curatrice Cecilia Alemani, italiana con base a New York, nella conferenza stampa del 22 febbraio scorso – in un break dalla sequela di dialoghi digitali con gli artisti in sostituzione degli studio visit intercontinentali - dichiara di aver scelto le creature fantastiche di Leonora Carrington del libro “The Milk of Dream” come input per effettuare un viaggio attraverso le metamorfosi dei corpi e della nuova definizione di umano, con un focus sul legame sempre più intenso fra essere umano e tecnologia. Aggiungeva di voler sovvertire la visione antropocentrica che domina sin dal rinascimento. Promesse mantenute. La mostra internazionale è istituzionale, con un’impronta museografica classica che deluderà i visitatori in cerca di soluzioni “osate”, ma soddisferà chi va in cerca di “manufatti” e non di artificialità  concettuali; 1.433 “oggetti”, abbondante pittura e scultura, fruibile in una dinamica quasi aptica, come parziale risarcimento al social distancing pandemico.

L'IMPRONTA MUSEOGRAFICA CLASSICA DELUDERÀ CHI CERCA
SOLUZIONI OSATE, MA SODDISFERÀ CHI NON AMA LE ARTIFICIALITÀ CONCETTUALI

Deluderà anche coloro che si aspettano di trovare le novità artistiche degli ultimi due (ops: tre) anni, perché l’ordinamento scelto da Alemani è connotato dalla ricerca storica, come dimostrano le cinque “capsule del tempo”, nelle quali Formafantasma ordina in spazi e volumi la densa materia trans- storica e trans-disciplinare. Anche a questo riguardo, i numeri sono freddi ma illuminanti. Su 213 artisti – 191 donne - a fronte di una decina nati negli anni ‘90, ottanta degli artisti sono deceduti, circa quaranta sono nati a cavallo fra gli anni ‘30 e ‘40, venti fra i ‘50 e i ‘60, sessanta nell’arco degli anni ‘70 e ‘80. Il Padiglione centrale, mantiene anch’esso le promesse e il corpo fa da padrone, nelle sue versioni ibridate e smaterializzate.

NEL PADIGLIONE CENTRALE IL CORPO FA
DA PADRONE IN VERSIONI IBRIDATE E SMATERIALIZZATE

Le Corderie mostrano l’annunciata simbiosi naturale-artificiale, la sensibilità ambientalista e una spruzzata di scienza e occulto (“Il mondo Magico” era il titolo del Padiglione Italia curato da Alemani nel 2017). Non pecca di intraprendenza, esibendo ben 180 prime partecipazioni, 80 nuove produzioni e concedendo spazio a 26 artisti/e italiani/e. In sintesi, colta e raffinata, non prese di posizione critiche ma ordinati approfondimenti, più elucubrazione e meno passione, ruolo della donna e minoranze al centro, coerente e funzionale alla tesi iniziale.

ALLE CORDERIE TROVIAMO L'ANNUNCIATA SIMBIOSI NATURALE-ARTIFICIALE,
LA SENSIBILITÀ AMBIENTALISTA E UNA SPRUZZATA DI SCIENZE OCCULTE

Ordinare il passato per leggere il presente, senza sbilanciarsi sul futuro...ma preparandosi a interpretarlo.
In tempi di caos come il nostro, potrebbe bastare. Insomma, così è se vi pare, afferma la pirandelliana pièce presentata nell’anno della scomparsa di Leonora Carrington, nel 1917. Ma c’è chi sussurra come più adatta, l’ispirazione al cinema, con il 40° anniversario del celebre film di Antonioni, “Identificazione di una donna”.


 

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